L’amore non è uguale per tutti..

Non c’è un cazzo a Croxteth fatta eccezione per tanta delinquenza.

Tanti cappucci e parecchi coltelli.

Non troverete un solo tour operatori che vi consiglierá un bel viaggio a Croxteth.

Una passeggiata. Una visitina veloce. Anche di sfuggita.

No. 

Niente.

Niente di niente.

Anzi. Vi diranno di starci alla larga. Di non guardare neanche i cartelli stradali con su scritto Croxteth.

Poco raccomandabile. Poco attraente.

Anche la noia si annoia a Croxteth. 

Anche le palle si rompono le palle a Croxteth.

A meno che..

Beh, almeno che voi non siate ‘gli altri’. Non cerchiate pochi trofei ma tanta passione.

A meno che non siate in pellegrinaggio per un Dio pagano che di Divino non ha mai avuto un bel niente.

A meno che non siate i vicini rumorosi. Quelli che Bull Shankly non avrebbe mai osato guardare se solo avessero giocato nel proprio cortile, chiudendo le tende manco fosse Ned Flanders che spia Homer Simpson nudo, ubriaco e senza sensi collassato in giardino. 

C’è un solo cartello veramente importante a Croxteth, e giace ad Armill Road davanti ad un grosso giardino.

Sul cartello c’è scritto ‘Ogni gioco con la palla è severamente vietato’ e quella casa che sorge davanti proprio quella scritta, era quella che fu di Wayne Mark Rooney.

Già, proprio lui.

Quasi uno scherzo della sorte. Vietare il calcio dove il calcio viveva.

Dove un ‘tofees’ sognava un giorno di spaccare per sempre il culo al Liverpool fino alla notte dei tempi.

Dove un bambino di soli undici anni non dormiva la notte sapendo di essere la mascotte della propria squadra il giorno dopo nel derby del Merseyside del 1996.

Non si può vietare il calcio dove un ragazzo di sedici anni e 360 giorni si prestava di lì a poco a interrompere il record di 30 partite senza sconfitte dell’Arsenal degli invincibili battendo

Sua Maestà David Seaman con il telecronista impazzito che urla ‘Wayne Rooney, remember the name’!

Come si può vietare il romanticismo di un sogno, di un gol sotto la pioggia a colui che ben presto partirá per Manchester per vincere tutto e anche oltre.

Ma che mai, mai lascerà che quei colori se ne vadano da quel cuore.

Da quelle vene. 

Il cuore rosso all’esterno, blu nei battiti.

Avete presente Jimmy Grimble, il bambino che rifiuta lo United pur di giocare nel ‘suo’ City?

Ecco, Wayne ha fatto uguale, assomigliandoli pure, decidendo di tornare a Everton, a Goodison Park nonostante contratti più invitanti.

Posti più esotici.

Spiagge più bianche e squadre più famose.

Il primo amore non si scorda mai, si dice.

Non so se sia vero.

Ma Wayne forse lo sai.

Lui si che lo sa.

L’ha sempre saputo.

Ecco perché se ancora oggi andate a Croxteth, davanti quella casa di Armill Road, dove tutto questo amore nacque il 24 ottobre di 32 anni fa, attaccati alla finestre di quella che fu camera sua ci sono anche i poster dell’Everton.

Nonostante Wayne abbia girato il mondo vincendo tutto vestito di rosso.

Quel rosso che in fondo, anche se con una stemma ben diverso, ha sempre odiato.

Ecco perché quando Alex Ferguson disse ‘Il mio mandato su questo terra è far scendere quello de Liverpool dal loro fottuto piedistallo’ trovò in Rooney un allenato preziosissimo.

Tutto pur di vederli perdere.

Chi pensa a Liverpool pensa al Liverpool.

Alla Kop.

A Gerrard. Dudek e Anfield Road.

Chi dice Liverpool dice cinque Coppe dei Campioni e diciotto campionati, anche se l’ultimo nel lontano 1990.

Chi pensa a Liverpool pensa rosso.

A meno che voi non siate Wayne Mark Rooney.

Li allora penserete che il Liverpool (1892) è nato ben quattordici anni dopo’Everton (1878) e che all’inizio della propria storia non si chiamava Liverpool Football Club ma ‘Everton FC and Athletic Ground plc,’.

Se foste Wayne Rooney sapreste che l’Everton dal 1884 al 1892, prima che nascessero i ‘Reds’ giocava a Anfield e che la prima partita di quel tempio sacro fu Everton-Earlstown 5-0.

Se solo foste Wayne Rooney sapreste che il cuore comanda i sentimenti, che l’infanzia è più importante dei soldi e dell’America.

Solo se ti chiami Wayne Mark Rooney, il bambino che dopo tredici anni ha deciso di tornare a casa, sdraiarsi di nuovo su quel letto sporco e infeltrito a sognare ancora una volta, solo una volta, di indossare la maglia di quell’amore per pochi, non per tutti, senza seguite una moda particolare, senza avere ‘You’ll Never Walk Alone’ ogni giorno a Goodison, che se ne fotte il cazzo dei trofei di quelli lá, che non vince il campionato (nove in tutto) dal 1987 e che si chiama non ‘l’altra squadra’, non ‘i perdenti’, i ‘diversi’, ma solo e soltanto Everton Football Club 1878.